L’incremento della popolazione anziana sarà più evidente nei paesi in via di sviluppo, ma soprattutto nei paesi industrializzati il segmento di popolazione che aumenterà maggiormente sarà quello degli ultra ottantenni, il cui numero assoluto, entro il 2050, risulterà praticamente quadruplicato. Parallelamente all’aumentata aspettativa di vita, si è verificata una transizione epidemiologica nella patologia emergente: da una situazione in cui erano prevalenti le malattie infettive e carenziali, si è passati a una preponderanza di quelle cronico-degenerative. Nei Paesi più ricchi, il maggior carico di malattia – GBD (Global Burden of Disease), misurato in anni di vita aggiustati per disabilità – DALY (Disability-Adjusted Life Years), è attribuibile alle patologie cardio e cerebrovascolari e ai disturbi neuropsichiatrici, tra cui la depressione, la malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza. Tanto nei Paesi in via di sviluppo che in quelli a più alto reddito, si prevede che il numero di soggetti con disabilità, derivante principalmente dalle malattie non trasmissibili, aumenterà proporzionalmente alla crescita della popolazione, con una più alta percentuale proprio nelle classi di età più avanzata. Con l’aumento dell’aspettativa di vita e il rapporto sempre più sfavorevole tra popolazione attiva e non attiva, tenderà ad aumentare anche l’onere socioeconomico correlato alla cura, all’assistenza e alle spese previdenziali destinate agli anziani, causando il cosiddetto “longevity shock”, recentemente sottolineato dal Fondo Monetario Internazionale. È inoltre evidente che la doppia transizione, epidemiologica e demografica, incrementerà inevitabilmente l’incidenza di numerose patologie neuro-degenerative che si caratterizzano per il deficit cognitivo age associated”,prima tra tutte la malattia di Alzheimer. L’attuale evoluzione richiede, quindi, una ridefinizione delle misure e delle risorse destinate alle fasce di popolazione anziana, in cui più alto è il rischio di malattia e di perdita di autosufficienza. Negli ultimi 50 anni l’invecchiamento della popolazione italiana è stato uno dei più rapidi tra i Paesi maggiormente sviluppati e si stima che nel 2050 la quota di ultra 65’enni ammonterà al 35,9% della popolazione totale, con un’attesa di vita media pari a 82,5 anni (79,5 per gli uomini e 85,6 per le donne). Se da un lato l’aumento della longevità rappresenta indubbiamente una grande conquista, in quanto testimonia il crescente miglioramento delle condizioni di vita e i progressi della medicina, dall’altro potrebbe trasformarsi in una minaccia per l’immediato futuro, nel caso in cui non fosse controbilanciato da una rinnovata capacità di programmazione di opportuni, sistematici e urgenti interventi di politica sanitaria che investano la ricerca, l’assistenza e il benessere degli anziani, tenendo in considerazione l’evoluzione del concetto stesso di invecchiamento. Nell’accezione corrente, l’invecchiamento è un processo multifattoriale caratterizzato da una progressiva perdita delle capacità funzionali e da una crescente comorbidità, proporzionali all’avanzamento dell’età e che investono l’intero arco della vita. Lo stato di salute dell’anziano non è più identificato unicamente con la ridotta presenza di malattia, ma con il mantenimento del benessere psicofisico e relazionale, pur in presenza di poli-patologie. Il segreto della longevità in Italia, è nascosto soprattutto nell’eccellenza della nostra dieta Mediterranea. Nel 2010 la dieta Mediterranea è stata dichiarata patrimonio culturale dell’umanità dall’UNESCO, poiché essa rappresenta non solo un patrimonio dal punto di vista gastronomico e nutrizionale, ma anche la base della longevità dei popoli che la seguono. Gli studi successivi hanno dimostrato il ruolo preventivo dello “stile di vita Mediterraneo”, in grado di ridurre l’incidenza di patologie croniche metaboliche, di malattie cardiovascolari e di tumori. Problemi che a livello mondiale determinano il 60% di morti premature. La dieta Mediterranea aiuta anche a vivere bene, perché oltre a nutrire il corpo, protegge la mente da fenomeni neurodegenerativi e depressivi, stimolando i neuroni che con il passare del tempo, tendono a ridursi e morire. Gli elementi base della nostra dieta contengono principi antiossidanti, ossia molecole dalla funzione protettiva ed anti-infiammatoria nei confronti delle cellule. La riduzione dell’impatto di importanti malattie metaboliche è una realtà, con una ricaduta positiva sulla salute pubblica e sui costi di trattamento delle malattie croniche. Dato che a breve la popolazione over 60 rappresenterà la maggioranza è opportuno educare ad uno stile di vita il più possibile attento a prevenire patologie di grande impatto sociale.

“Il Mediterraneo e come la musica. Contiene e suscita tutti i sogni dell’anima. Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovarci”.

Jim Morisson